La nascita di Ganesha. Il cibo come offerta, parte seconda

La nascita di Ganesha. Il cibo come offerta, parte seconda

In molti casi il cibo offerto come prasad alla divinità caratterizza alcuni alimenti particolarmente “graditi” da una specifica manifestazione del divino, come nel caso dei laddus, amati da Ganesha, nota rappresentazione del pantheon induista. Mito, vita quotidiana e cibo si fondono per creare insegnamento: numerose sono le versioni sulla nascita di questa divinità, ne sintetizziamo una che narra della dea Parvati (letteralmente Figlia-della-montagna) che, mentre stava compiendo i suoi atti di pulizia/purificazione, concretizzò un essere di fattezze umane con la farina di ceci impastata di olio con cui si era pulita (altre versioni affermano che utilizzò il suo sudore o gli unguenti di cui si era spalmata) per avere a disposizione un guardiano a custodia delle sue stanze. 

Nota esplicativa obbligatoria per noi occidentali legati a consumi industriali di schiumogeni di vario tipo: una ricorrente pratica tuttora in uso, dopo un lavaggio accurato o dopo un massaggio secondo i dettami dell’abhianga (massaggio ayurvedico) è l’usanza di ungere il corpo con olii vegetali o oleoliti a base di erbe curative (l’ayurveda è ricca di una antica tradizione legata alla preparazione di questi composti). L’eccesso di olio viene bilanciato strofinando sul corpo la farina di ceci, la pelle rimane così oleata quanto basta e morbida. Il cicer arietinum (nome botanico del legume) ha questa interessante proprietà di “legarsi” e catturare le parti grasse, non sarà un caso che il consumo regolare di questo alimento riequilibri le dislipidemie del nostro sangue attenuando l’eccesso di colesterolo?

Tornando alla dea Parvati… essendo il pupazzo da lei composto una creazione divina (utile suggerimento simbolico: solo una mente purificata ha la capacità di dare forma e realtà a ciò che pensa e desidera) e vitalizzato dal desiderio, prese vita autonoma. Divenuto ormai un vero essere vivente, battezzato Ganapati (ogni cosa creata sottostà al nama e rupa, cioè a un nome e una forma) fu posto a guardia della stanza da bagno materna (qui abbiamo un altro riferimento simbolico sulla esistenza di un confine tra uno spazio divino, superiore, purificato e quello ordinario e materiale).

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Articolo di Maurizio Di Massimo su Wall Street International

 

 

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